Pettorale 261. Sembrano esser passati millenni da quel 1967. Ma gli avvenimenti che si susseguono, nel mondo, ci dicono che tanto, troppo, c’è ancora da fare.

In quella Maratona di Boston un certo K.V.Switzer si presentò con il pettorale 261 alla caotica partenza. Dopo qualche chilometro, il direttore di gara Jock Semple, iniziò ad agitarsi a causa del ripetuto vociare da parte dei corridori, dei giornalisti e addetti ai lavori. “UNA DONNA, QUELLA E’ UNA DONNA”. Sì, perché K.V. era in realtà Kathrine Virginia Switzer. UNA DONNA!. La maratona è ancora vietata alle donne. Troppo faticoso come sport, uno sport duro, per uomini veri. Anzi, per maschi veri.

Il direttore di gara vede Kathrine e con furiosa barbaria inizia a strattonarla, rincorrerla, cercando in tutti i modi di fermarla. Ma non quel giorno, non Kathrine. Lei corre, imperterrita. Corre verso un diritto, verso quella voglia di libertà e con la consapevolezza che in quella maratona non è sola, ma rappresenta la metà della popolazione mondiale. “LASCIALA STARE, NON RIUSCIRA’ A CONCLUDERE LA GARA”. Jock Semple risale sul bus della giuria, -mal- consigliato dai suoi collaboratori.

4 ore e 20 minuti. Questo il tempo finale di Kathrine che non solo taglierà il traguardo, ma segnerà con decisione l’emancipazione per questo meraviglioso sport.